Vincere aut mori pugnando. Vincere o morire combattendo. Era questo ciò che doveva fare oggi il Bari in quel "Braglia", talismano di un'annata che sotto diversi profili non sembra essere partita nella maniera più giusta e comprensibile e che, con la vittoria odierna, porta diverse boccate di ossigeno in Via Torrebbella. Una vittoria importante, certo, ma dove va visto anche il bicchiere mezzo vuoto ed esaminare che due rigori non capitano tutti i sabati e che la prestazione, soprattutto atletica, ha reso un qualitativo ed uno spettacolo poco gradevole, che non permette e non deve permettere immaginari voli pindarici di un galletto che ha saputo comunque lottare. Passi avanti, però, rispetto all'inguardabile prova di sette giorni fa. Come dicevamo nel precedente editoriale servirebbe un Aristoteles (che non arriverà), ma che in gruppo dovranno imitare. Oggi il ruolo di protagonista è toccato a Marotta, finalmente sbloccatosi psicologicamente sotto la sua curva, vicina all'ex Lucchese.
De Paula continua a fare le prove per essere la comparsa in un film diverso da come lo immaginavamo con ruoli inediti. Undici personaggi in cerca di autore, prendendo spunto dal buon Pirandello, è il titolo giusto ad una squadra ancora non ricca di amalagama tra di loro e che può solo compiere diversi passi in più per iniziare a riempire un San Nicola ancora vuoto e desolante, curva nord esclusa. Il tecnico di Cetara continua ad ostinarsi al suo modulo prediletto, sbagliando, Gasperini docet, lo schieramento tattico, più che tecnico. Si rivede Bellomo, propositivo solo nel primo tempo, quando ha offerto alcuni spunti interessanti, ma da migliorare e perfezionare in sintonia con il resto del gruppo. Confermato Rivas, con De Paula largo ed inconsistente nel gioco biancorosso. In campo anche Defendi, discretamente accettabile. Il primo tempo è noioso e regala non pochi sbadigli agli spettatori. Marchi prova a costruirsi un rigore da solo, imitando anche un difensore che gli ponesse di fronte a se la gamba. Bravo Gallione a lasciare correre un'azione che avrebbe potuto compromettere sin da subito la gara. Risponde Rivas, migliore dei suoi, con una staffilata potente e angolata che trova Pomini pronto a spedire in angolo, che non regala ulteriori sussulti, come del resto tutto lo scorrere della prima frazione. La ripresa inizia con il Sassuolo riversato in avanti, ma Torrente capisce che l'ora di ispirarsi ad Oronzo Canà è finita. Inserisce, intelligentemente ed astutamente, come ci eravamo abituati in due anni a Gubbio, Marotta prima e Forestieri dopo per offrire brio e cambiare un modulo scorbutico e che non vuole entrare nelle menti dei giovani galletti che con un 4-2-3-1 più elastico dicono la loro nella sfida. 13' nella ripresa: una mischia in area regala un rigore al Bari, che Marotta trasforma deliziosamente. Il Bari non sfrutta il "Carpe Diem" concesso dagli uomini di Pea, che tre minuti più tardi pareggiano i conti con Boakye. Dentro Kopunek, con un atteggiamento che sembra in piena guardia. Stare attenti a non prenderle diventa l'imperativo sulla quale sembra costruirsi un finale di sofferenza del Bari, che con Forestieri trova il giusto guizzo ed, onestamente, un fortunato regalino arbitrale che permette Marotta di ripresentarsi ad undici metri da Pomini. Freddo, impeccabile, semplicemente pulito il rigore del centravanti che esulta a più non posso per due reti pesantissime al cospetto della capolista, che abbandona un trono instabile che il Bari non guarda, cercando, comunque di andare ad maiora, senza pronunciare quella parola che scombussola un ambiente facilmente destabilizzabile da parole o piccoli episodi ingigantiti inutilmente. Per la propria strada, nel bene o nel male, questo Bari cresce, piano, ma lo fa. In fondo sono solo Undici personaggi in cerca di autore...
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