Un modesto e scialbo 0-0, il verdetto emanato dallo Stadio San Nicola di Bari, che con il Varese, non entusiasma i 6200 spettatori accorsi per osservare a quale punto sia la preparazione del galletto, nel torrido clima segnato da 35 gradi. Nel versante dei supremi non si gioca e la Serie Bwin diventa una consolazione a chi continua a contestare uno sciopero che non avrebbe avuto modo di esistere e reso fattibile da quegli attori di un gioco sempre più brutto e viziato da un unico Dio chiamato denaro. Ma per questo editoriale, evitiamo commenti rumorosi su uno scandalo che colpisce in toto la nostra nazione, divenuta parte lesa dopo la vicenda Calciopoli-bis, che probabilmente non bastava a far rendere conto alla gente, di quanto questo sport sia divenuto più seguito sui tavolini e studiato fuori dal rettangolo verde, utile solo ai risultati e alle statistiche di un calcio demolito dai valori inesistenti.
A Bari si scende in campo sotto la convinzione di poter ripetere la perfezione degli spartiti eseguiti e suonati con Real Sociedad, Spezia ed Avellino e annientati dall'assenza di un vero direttore d'orchestra. Lo spumeggiante gioco offerto da Torrente nel pre-campionato si traforma in un "palla lunga e pedalare" noioso e snervante, con un Marotta inconsistente sulla linea degli attaccanti. L'ex Lucchese diventa il punto di riferimento di un centrocampo imbrigliato dai lombardi, che fanno di tutto per rendersi pericolosi di rimessa, sotto impronta digitale di Benny Carbone. Un'impronta che per questa prima giornata non è riuscito a segnare Torrente. La poca reattività del collettivo biancorosso e il non saltare mai l'avversario in maniera prepotente ha fatto rivivere per 90 minuti i brutti segnali dello scorso anno. Un 4-3-3 privo del vero regista che serva i palloni sulle fasce e che costruisca trame di gioco degne di cronaca, poco lavorate in una settimana probabilmente scossa dall'episodio riguardante Masiello. Nella zona nevralgica del campo Donati ne esce fuori come un guerriero senza infamia e senza lode, facendo da capitano vero e cercando di scuotere i compagni di reparto, molto spenti. Rivaldo cala con il passare del tempo, che lo vede un ectoplasma. Linea mediana tracciata male anche da Kopunek, apparso in calo atletico. Il gioco fatica a decollare, soprattutto sugli esterni. Il neo-arrivato Garofalo si limita all'egregio compito svolto in difesa, senza tentare un affondo che non gli si può chiedere subito. Masi fatica ad ambientarsi, mentre sinceri complimenti spettano a Borghese e Sini, vere spine nel fianco per l'attacco ospite, che trova dinanzi a se anche uno strepitoso Lamanna, perfetto in tutto e per tutto. In concomitanza con i comapagni, pochi sono gli spunti degni di merito costruiti da Forestieri e Caputo, spentosi nella penombra biancorossa. Marotta mette impegno e poco altro, inutile a una sfida controllata senza grossi patemi, ma mai domata a proprio favore. Il vocabolo organizzazione è inesistente e spazzare palloni ad occhi chiusi non è il massimo che si possa chiedere ad una compagine, che dovrebbe ricoprire un ruolo fondamentale nella scena di questo complesso campionato, ove non vanno lasciati punti per strada, a partire da martedi. Una rete annullata a Caputo ed un occasione che ha del clamoroso per Kopunek, aggiunta ad un unico guizzo del "El Topa", che spedisce Marotta a tu per tu con Moureau, il quale strappa il regalino dell'argentino prima del centravanti, spaesato. La squadra non carbura e il caldo si fa sentire bruscamente sulle gambe afflosciate dell'undici in campo. Gli ospiti aspettano che il Bari crei confusione tatticamente, per ripartire e sparare le cartucce a disposizione. Una delle lame si chiama De Luca, giovane dalle belle aspettative, che crea problemi alla retroguardia, che in un modo o nell'altro riesce spesso e volentieri a liberare le offensive avversarie. Nella ripresa parte forte il Bari, che vara il centrocampo. Fuori uno spento Rivaldo e dentro uno Scavone, meno distruttivo e più quantitativo, senza eccessi di qualità, assente da tutti quanti. Al nono la grossa occasione per il Bari, con Marotta che lavora sulla fascia un'azione deliziosa, calciando troppo forte, però, al centro dell'area con Forestieri che in spaccata non ci può arrivare. Continua la girandola scacchistica: inserito Rivas che dovrebbe garantire brio ed esperienza, insieme allo scacco matto richiesto, ma stecca ancora una volta, peccando di superficialità che non passa inosservata nell'astronave di Renzo Piano. Nel finale è il Varese ad andare più vicino alla realizzazione rispetto ad un Bari, sicuramente da rivedere. In fondo mancavano molti uomini cardine (Ceppitelli, Claiton, De Falco, De Paula, Crescenzi e, se vogliamo, anche Masiello), con gli automatismi che vanno collaudati e predefiniti, oltre che impostati definitivamente, per calare completamente un sipario lasciato aperto soltanto a metà e che andrebbe limato in tutti i dettagli, per non lasciare nulla al caso. Si riprende la rotta, destinazione Modena, piazza invitante, dove fare punti diventa assolutamente d'obbligo per il sodalizio biancorosso, il cui urlo è stato strozzato soltanto in gola.
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